Sylvia frequentava l'ultimo anno delle magistrali in una scuola a cinquanta km dal luogo di residenza. Non ve n'erano nel suo paese e in quelli vicini, ma suo padre desiderava che sua figlia diventasse una maestra o una suora.
A quel tempo ,in un paese agricolo di provincia meridionale, per una femmina era il massimo cui poter aspirare. Naturalmente il liceo classico ,a dieci minuti di distanza da casa ,era riservato al fratello.
La ragazza , timida e impaurita, non aveva osato ribellarsi e ,a quattordici anni, aveva iniziato la sua vita da pendolare .Prendeva il treno alle undici e quaranta , dopo aver mandato giù un boccone . Nella borsa alcuni libri e un panino che la mamma, regolarmente , le preparava, ignorando che sarebbe finito nelle bocche fameliche delle compagne di classe.
Nel percorso dalla stazione alla scuola, Sylvia si fermava a guardare le vetrine dei negozi più per curiosità che per reale interesse .
Davanti all'edificio scolastico ,in attesa dello squillo della campanella,la ragazza si intratteneva a parlare con i compagni che man mano giungevano al fatidico appuntamento: "Ciao, avete preparato la lezione di latino ? Chi di voi s'immola oggi ? " e in pochi minuti i ragazzi si accordavano per evitare interrogazioni indesiderate.
Sylvia non rientrava a casa prima delle diciannove. La situazione disagevole influìva sul comportamento scolastico della ragazza che, pur manifestando buone capacità intellettive , non sempre riusciva ad impegnarsi con serietà nello studio . Era stanca ,svogliata. L'intera giornata fuori casa ,i pasti disordinati e scarsi per mancanza di tempo o di appetito, lo stress del pendolarismo le rendevano faticoso e difficile concentrarsi in modo costante nello studio delle discipline scolastiche , che tra l'altro, non la stimolavano affatto.
Ciò nonostante riusciva regolarmente ad ottenere la promozione con buoni risultati soprattutto nelle materie letterarie .
A dire il vero ,Sylvia prediligeva l'italiano ed era particolarmente felice quando il professore assegnava un tema libero . Amava leggere e,soprattutto, scrivere saggi nei quali la sua fervida immaginazione poteva galoppare a briglie sciolte sul cavallo alato della fantasia. Allora si lanciava in voli pindarici ,che la trasportavano, all'istante,. fuori dalle mura grigie ed anguste dell' aula , lontano dai banchi stretti e scomodi che limitavano la sua esigenza di movimento .Le era sufficiente chiudere gli occhi e come per incanto si trovava a correre su una immensa distesa verdeggiante.
Come un passero appena liberato dalla gabbia che lo teneva prigioniero, Sylvia volava felice tra rigogliosi cespugli, respirando l'aria profumata dei fiori di campo , che facevano capolino,qua e là, nella sconfinata pianura .
Finalmente libera , correva incontro alla vita e all'amore .
Libera da ogni timore e da tabù ancestrali , libera di essere se stessa .
Fonte di timore era suo padre . Un uomo generoso e ospitale, ma dalla mentalità paesana, chiuso in una visione arcaica in cui il capofamiglia era “padre –padrone” e moglie e figli suoi sottoposti. Inoltre, il suo carattere riservato e orgoglioso,rendeva difficili i rapporti con i familiari .Se veniva contraddetto, dava in escandescenze, diventando aggressivo ,e, qualche volta, anche violento. Sylvia aveva terrore dei suoi improvvisi scatti d’ira, delle sue esplosioni rabbiose e fuggiva a rinchiudersi nella camera che divideva con il fratello Claudio ,più giovane di lei di poco più di tre anni .
La madre , una donna buona e generosa, dotata di una intelligenza pronta e vivace ,purtroppo, non supportata da adeguata cultura e condizionata dalla mentalità paesana , era sottomessa e dominata dal comportamento autoritario del marito .A suo modo la povera donna difendeva i figli con sotterfugi e bugie innocenti , ma non avrebbe mai affrontato apertamente il marito per evitare il peggio. Non che le mancasse il coraggio,ma desiderava vivere in serenità e saggiamente cercava di non alimentare dissapori in famiglia che avrebbero solo peggiorato la situazione .
Amava teneramente i propri figli, ma non sapeva o non poteva manifestare alcuna tenerezza nei loro confronti. Anche sua madre era stata parsimoniosa di carezze sia con lei che con i suoi fratelli .
A quel tempo i genitori ritenevano che i figli dovessero essere baciati e accarezzati solo di notte, mentre dormivano.
Erano tempi in cui l'educazione dei figli era tramandata di padre in padre .Si trattava spesso di un’educazione patriarcale assai dura , ingiusta , aggravata sia dalla mancanza di consapevolezza che da un’ adeguata cultura . Inoltre l'istruzione superiore era riservata soprattutto alle persone benestanti .E gli errori educativi si ripetevano in continuazione.
La povera donna non era consapevole dell'enorme bisogno di carezze e di attenzioni dei figli , soprattutto di quella fragile ragazza che era Sylvia; attenzioni che avrebbero forse addolcito quel suo carattere spigoloso e ombroso, che l'allontanava dal padre, al quale, peraltro, somigliava cosi tanto. Quel padre che ripeteva di non averla vista crescere .
L'alibi per emarginarla .
L' orgoglio e la timidezza di Sylvia mascheravano la sconfinata ricchezza di sentimenti nascosti nel suo animo .Le foto che la ritraggono bimba e , poi ,adolescente , mostravano sempre un bel visino imbronciato o malinconico , mai aperto al sorriso . Gli occhi bellissimi, neri ,profondi , leggermente obliqui , le davano un'aria di superiorità ,che a volte le alienava la simpatia delle ragazze , ma,a sapervi leggere dentro ,esprimevano tanta tristezza e profonda malinconia.
In quel periodo Sylvia viveva soprattutto di forti emozioni , di cui non sembrava avere piena consapevolezza . Nei momenti di maggiore malinconia si chiudeva come un riccio nel silenzio della sua camera senza porsi domande che non avrebbero avuto risposte.
Indubbiamente la nascita del fratellino, quando lei aveva poco più di tre anni, l’ aveva privata delle attenzioni di cui aveva goduto ,in precedenza ,dalla madre e dai parenti paterni . Non da suo padre , che essendo in guerra , non l'aveva vista crescere nei primi anni di vita , e ,per questo motivo, la sentiva lontana .
Naturalmente , il padre si affezionò subito al maschietto, lasciando in disparte la piccola Sylvia , che doveva sentire ,forte e struggente, la gelosia per quel fratellino che le toglieva “tutto “ . Quando la bimba vedeva i famigliari intorno al piccolo Claudio, si rintanava in un angolo buio della stanza e vi rimaneva ,a lungo , a guardare la scena , in silenzio .
Nessuno sembrava accorgersi di lei .
***
Sylvia crebbe sentendosi negletta ,emarginata , alimentando, in tal modo, il suo senso di inferiorità e di vuoto.
A diciassette anni cominciò a prestare attenzione agli sguardi insistenti e interessati dei giovani , alla loro corte, a volte discreta , riguardosa e romantica , altre volte, più aperta e gioiosa, persino sfacciata .
Si lasciò avvicinare da Michele, un ragazzo del suo paese, di sei anni maggiore , che dimostrava grande tenerezza e attenzione nei suoi confronti ..
Ben presto, però, la ragazza si rese conto che le sue dimostrazioni d’affetto la lasciavano indifferente , anzi,l'infastidivano.
Finì cosi per allontanarlo, soprattutto a causa del carattere possessivo e fortemente geloso del ragazzo, che comunque era serio, innamorato e pensava già al matrimonio .
Ma Sylvia cercava altro , qualcosa che non riusciva a definire. Forse ,nei suoi sogni nascosti ,aveva riposto la speranza di un incontro speciale con l'uomo della sua vita , il suo principe azzurro. Forse voleva solamente giocare all'amore ,per evitare di riflettere sulla lacerazione interiore.
venerdì 4 giugno 2010
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